chirurgia laparoscopica per Reflusso gastroesofageo ed Ernia Iatale, chirurgia laparoscopica per acalasia esofagea

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Acalasia Esofagea, Chirurgia laparoscopica

L' Acalasia Esofagea

L’ Acalasia esofagea è definibile come disordine motorio dell’esofago con assenza di peristalsi  e incapacità dello sfintere esofageo inferiore  di rilasciamenti riflessi regolari  completi.

Epidemologia

L’ Acalasia esofagea  insorge in tutte le età con una distribuzione eguale nei due sessi,  registra una presenza nell’età infantile e adolescenziale  in ragione del  5-10%,  fra la seconda e la quarta decade di vita del 30-40% , fra la sesta e la settima del 60-70% con una incidenza complessiva  di un caso  ogni 100.000 abitanti per anno.

Storia naturale

Una lieve disfagia, senza riscontrare una dilatazione esofagea,  associata ad una peristalsi terziaria  scarsa, o all’eusaurimento precoce nei primi tratti esofagei delle onde peristaltiche, e ad un incoordinamento  dello sfintere esofageo inferiore che dimostra tono normale o modestamente elevato e  che si rilascia a fronte di stimoli consistenti che provengono dal passaggio del bolo alimentare,  costituiscono la fase dell’ Acalasia compensata, cioè il I stadio.  Una disfagia conclamata accompagnata da assenza di peristalsi terziaria, mancata apertura e ipertono permanente dello sfintere inferiore con  dilatazione esofagea e presenza di ingesti nel lume, caratterizzano l’ Acalasia scompensata che si raffigura nel II stadio della malattia.
Nel III e ultimo stadio dell’ Acalasia, definita scompensata,  si aggiunge il megaesofago: dilatazione estrema con  inginocchiamenti dell’esofago, contenitore di fermentazioni putride e candidosi diffusibili  per via retrograda e broncoaspirabili,  possibile sede di carcinoma e  perforazione in mediastino.
La cronicizzazione inveterata dell’affezione comporta un rischio di insorgenza di carcinoma dal 2 all’8 %.
Alla base dell’Acalasia idiopatica è riconosciuta  la degenerazione dei plessi mioenterici di Auerbach con conseguente perdita delle capacità inibitorie dei neuroni  che coordinano il rilasciamento dello sfintere inferiore e delle contrazioni peristaltiche esofagee.

Quadro clinico e diagnosi

Il malato lamenta una lenta e progressiva disfagia  per cibi solidi e liquidi, a volte inizialmente  intermittente, infine severa. A questo sintomo si aggiungono con gradualità  la scialorrea, soprattutto notturna, una caratteristica  paradossale ed  espedienti sperimentati dal malato per superare le difficoltà opposte  dalla malattia.
La scialorrea si manifesta nelle posizioni declivi del corpo per la difficoltà che trova la saliva a transitare attraverso il cardias in ipertono, non possedendo la corposità del bolo alimentare che si traduce in  forza di gravità e capacità  di stimolare le terminazioni nervose residue. Nel contempo, I residui alimentari anacidi  accumulati nell’esofago tendono a rigurgitare. Il malato e i familiari  spesso si allarmano per  le tracce umide riscontrabili sul cuscino e per il suono di gorgoglio  emesso durante il sonno.
Paradossale tende a configurarsi la disfagia: maggiore per i liquidi, minore per i solidi. La ragione di questo comportamento è de ricercare nel diverso peso specifico che agisce sulle pareti esofagee. E’ questo uno dei segni che allontana la diagnosi differenziale da forme neoplastiche esofagee che, al contrario, lasciano transitare i liquidi e rendono difficile il passaggio dei solidi
Tipicamente viene formula dopo almeno due anni dall’inizio del quadro clinico, non per incertezze diagnostiche cliniche e strumentali, ma per il ritardo accumulato dalla persona  nel presentare al medico la precarietà della situazione complessiva.

Diagnosi

La  diagnosi di acalasia esofagea è  basata  sulle caratteristiche dei sintomi e della loro  progressione, sull’esofagogramma,  la esofagogastroduodenoscopia, la manometria.
I sintomi  patognomonici,  principalmente  la disfagia paradossa  di lunga data con i tentativi del malato per compensarla e la scialorrea con rigurgito passivo od attivo anacido, da una parte tendono a tranquillizza il medico dall’altra lo sollecitano ad accedere agli accertamenti diagnostici strumentali.
Le indagini che si contendono il primo posto nell’ordine cronologico sono l’esame radiologico baritato e l’endoscopia delle prime vie digestive.
Le caratteristiche dell’esofagogramma  variano a seconda delle fasi in cui si trova l’affezione, ma pongono sostanzialmente  in evidenza una colata di mezzo di contrasto come se si spalmasse in un “tubo da stufa”,  le cui pareti sono immobili, senza o debole peristalsi o dotate di  movimenti vermicolari. L’estremità  dell’esofago si presenta  ristretta per una lunghezza di  3-5 cm con una forma tipica a “coda di topo” o “a becco d’uccello” sormontato da una dilatazione esofagea in cui ristagna bario. L’immagine radiologica nel suo complesso evoca  un “bicchiere da champagne” con  bolla gastrica  assente o di dimensioni ridotte.
La manometria convenzionale è il vero gold standard diagnostico: registra l’assenza di una vera peristalsi, l’ipertono dello sfintere esofageo inferiore che supera i 45 mmHg o la sua scarsa  apertura  nel corso di deglutizioni umide, un incremento della pressione endoesofagea.

Terapia

Sono tre gli armamentari in nostro possesso: l’uso di infiltrazioni locali di botulino, le dilatazioni pneumatiche, la miotomia extramucosa.
Gli effetti delle iniezioni di botulino sono transitori e incomparabili alle procedure  dilatative e chirurgiche, con risultati temporanei e inadeguati, dal significato  palliativo, che  hanno indotto molti medici ad abbandonare la botulinoterapia come trattamento di prima linea  a favore della dilatazione pneumatica.
Il principio ispiratore della dilatazione pneumatica  risale ad oltre tre secoli  fa.   La differenza reale fra i metodi precedenti sta nell’uso di dilatatori pneumatici al posto dei dilatatori  rigidi  di  2-3 cm di diametro:  il dilatatore pneumatico modula la rottura delle fibre, inizialmente con l’applicazione di 30 mmHg, poi  di 35 e  40 mmHg.  Mediante questa tecnica si ottengono risultati positivi nel 50% dei casi se le procedure effettuate sono molteplici con un rischio di  perforazione esofagea nel corso delle manovre e mediastinite  dall’1 al 5%.
La comparazione di risultati fra differenti metodiche hanno dimostrato una  significativa differenza a favore della chirurgia  rispetto alla dilatazione:  90%  di successi chirurgici permanenti contro il 10%  dopo  una sola dilatazione cardiale; se all’unica dilatazione ne seguono altre, i risultati positivi  potranno raggiungere il 20%, ma con una mortalità dello 0.6-1% contro l’assenza di mortalità del trattamento chirurgico.
E’ naturale che queste condizioni fanno propendere per l’intervento piuttosto che per procedure conservative.
Sebbene la dilatazione sia stata considerata, nell’era laparotomica,  la prima linea  terapeutica dell’ Acalasia, la miniinvasività e i risultati della Chirurgia Laparoscopica hanno rimesso in discussione questo approccio che per molti anni si è imposto nella pratica clinica.
Si può affermare che la chirurgia laparoscopica  sia ormai  considerata un gold-standard della Chirurgia Laparoscopica.

L’intevento in chirurgia laparoscopica

La sostituzione dell’accesso laparotomico con la Chirurgia Laparoscopica ha aumentato efficacia, sicurezza e minore morbilità: i sintomi sono migliorati dall’83% al 100% dei casi.
L’obbiettivo basilare dell’intervento laparoscopico è l’eliminazione della stenosi terminale esofagea mediante una miotomia extramucosa, l’intervento secondo Heller, che sezioni del tutto le fibre esofagee che compongono lo sfintere esofageo inferiore, superandolo in alto nell’ampiezza del cardias e in basso inoltrandosi sulla cosiddetta cravatta svizzera.
Il tratto funzionalmente stenotico è di 4-5 cm. Pertanto, è necessaria una incisione cardiale di almeno 5 cm. a cui vanno aggiunti 5 cm. in alto e 1.5-3 cm. sullo stomaco. La permanenza di fibre muscolari rende facile le recidive e la formazione di diverticoli.

Maggiori informazioni su: www.profcapizzi.it | Chirurgia Generale a indirizzo Gastroenterologico e Laparoscopico. Direttore: Prof. F.D. Capizzi